Santa Caterina da Siena, nel Dialogo della Divina Provvidenza, dice che l’anima è una città con molte porte. Le porte principali sono tre: volontà, memoria e intelletto. La volontà è sempre in nostro possesso ed è unita alle altre porte attraverso il consenso. Essa è l’unica porta in cui non entrano i nemici senza il consenso. Se, per esempio, la volontà acconsente ad una tentazione del nemico, allora l’intelletto si oscura opponendosi ai lumi dello Spirito Santo. Allo stesso tempo, la memoria ricorda i torti subiti, i diletti e i piaceri del mondo.  Allora i sensi (la lingua, intesa come il parlare, è considerata un ulteriore senso da Santa Caterina) si aprono in questo modo:

1) l’occhio viene rivolto a veder cose morte;

2) l’orecchio si diletta di ascoltare parole disoneste e fatti del prossimo per criticarli;

3) la lingua lancia parole ingiuriose che trapassano il cuore dei vicini, come coltelli che provocano l’ira;

4) l’odorato è usato per annusare disonestamente;

5) il gusto cerca cibo e bevande con appetito disordinato;

6) le mani sono usate per rubare e avere miserabili contatti;

7) i piedi sono usati per andare in luoghi di abominio.

Dio permette che il demonio disturbi su tutte le facoltà, tranne che sulla volontà a patto che essa non apre liberamente le porte alle tentazioni. Dio permette le tentazioni e le prove affinché l’anima passi da uno stato di negligenza ad uno più fervoroso, affidandosi a Dio. Resistendo alle tentazioni e abbandonandosi a Dio si cresce nelle virtù. Questo è il senso delle seguenti parole di Gesù:

“Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”.

Come, dunque, le porte dell’anima possono innalzarsi, purificarsi ed elevarsi alle Altezze di Dio?

Ce lo spiega Santa Caterina da Siena, in questo passo:

“Una volta che il cuore dell’uomo è trascinato dalla dolce forza dell’amore, come ti ho detto, vengono insieme attratte anche tutte le potenze dell’anima, ossia la memoria, l’intelletto e la volontà. Dopo che queste tre potenze sono accordate e unite nel mio nome, tutte le altre operazioni che l’uomo compie – in opere e pensieri – risultano belle, e a me unite, per effetto dell’amore che si è sollevato sino a raggiungere Cristo, che è l’amore crocifisso. Bene si espresse perciò la mia verità allorché disse: “Quando Io sarò elevato in alto, trarrò a me ogni cosa”. E, infatti, una volta che il cuore dell’uomo e le potenze della sua anima sono attratte dall’amore, tutte le operazioni che l’uomo compirà saranno ugualmente attratte a Cristo”.

L’amore, dunque, attrae, purifica, innalza ogni cosa.

 

 

 

 

L’enciclica incomincia con la metafora delle due ali – la fede e la ragione – con cui lo spirito umano spicca il volo verso la ricerca della verità. Con questa metafora, il Papa spiega che fede e ragione non si escludono, ma al contrario si completano e si sostengono a vicenda.

L’enciclica prosegue spiegando quindi che la fede non va accettata ma va pensata, anzi esige di essere pensata. Nessuna fede può essere accettata se prima non è pensata dall’intelletto, tramite il quale Dio si rivela e spiega il suo amore: infatti, esso viene rivelato all’uomo, che a sua volta deve conoscere e capire la rivelazione; il processo della conoscenza della rivelazione passa però dalla ragione, non vi è altra via.

L’ascolto della Parola in ogni caso non trova subito la logica accettazione: spesso la razionalità ha la necessità di ricerca, che si fermerebbe subito se essa fosse solo analitica; pertanto, affinché la razionalità continui a dare il suo riscontro c’è la necessità della fede di proseguire anche se in quel momento la ragione non dà risposte. La ragione quindi, per perseguire la ricerca e avere le sue risposte, ha spesso la necessità di invocare la fede.

L’uomo naturalmente ha una vocazione per la ricerca della verità ma spesso usa solo un’ala (o la fede o la ragione) e così trova grandi difficoltà perché da sole queste virtù sono incomplete. Infatti, se la ragione dopo un po’ diventa solo speculazione di sé stessa e si richiude contorcendosi sulle proprie idee, la fede dopo un po’ si inaridisce senza l’interesse della scoperta e della verità che si rivela. Solo l’eterna dialettica delle due cose dà necessità alla vita dell’uomo nella sua essenza di essere creato.

L’insidia più grande è quella di non governare più la ragione, in virtù di un non chiaro relativismo religioso in cui la ragione percorre le sue strade lontano dalla divina Rivelazione. Da qui quelli che sono ritenuti da Wojtyła i due mali del secolo: l’indifferenza religiosa da una parte, e il crearsi una religione e un dio a proprio uso e consumo dall’altra.

Spesso si ha la necessità di credere perché lo vuole la natura umana, lo chiede la ragione, lo chiede la fede, ma il vuoto degli ideali, il nichilismo imperante e l’indifferenza più totale distolgono dalla cura che si dovrebbe avere della ragione e della fede. Secondo il papa, tale nichilismo imperante, causa diretta e indiretta del benessere oltre ogni misura, si combatte solo con una fede in divenire, in crescita, una fede che va nutrita e curata tramite la ragione.

L’emotività spesso fornisce all’uomo un’etica del momento, la quale si discosta da una verità rivelata: spesso il bene degli uomini passa davanti al sacrificio di un uomo.

Lo Statuto epistemologico

Pubblicato: gennaio 10, 2011 in Ragione

L’epistemologia

L’epistemologia è quella branca della filosofia che si occupa delle condizioni sotto le quali si può avere conoscenza scientifica e dei metodi per raggiungere tale conoscenza, come suggerisce peraltro l’etimologia del termine, il quale deriva dall’unione delle parole greche episteme (“conoscenza certa”, ossia “scienza”) e logos (discorso). In un’accezione più ristretta l’epistemologia può essere identificata con la filosofia della scienza, la disciplina che si occupa dei fondamenti delle diverse discipline scientifiche.

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Il carattere scientifico della teologia esige l’elaborazione di uno
specifico statuto epistemologico.
Oggi la scientificità investe il problema della comunicazione, in
direzione della quale emerge la questione dell’autoevidenza della
rivelazione e della libertà della fede. La razionalità teologica ha il
compito di mediare la fede e la sua verità con la coscienza culturale
e critica di coloro che vivono la fede o ai quali la fede si propone
come prospettiva e impegno di vita. La teologia riconosce i compiti e
la possibilità della ragione, per questo parliamo della
relativizzazione della ragione. Alcune esigenze essenziali
dell’epistemologia e della teologia sono:

1) la teologia va progettata con l’avvertenza a regole pragmatiche, in
modo da escludere posizioni a priori (neppure da un aprioristico
concetto di verità).

2)  il tener conto dei molteplici punti di riferimento: Bibbia,
Magistero, Tradizione, Teologia, situazione storica-culturale.

3) la teologia radicate nella Fede è credibile.

4) il consenso della Fede si stabilisce nell’adesione alla Verità
propria della Fede

5) La verità interna della fede ha il suo luogo linguistico negli
articuli fidei.

6) La teologia deve garantire criticamente il trapasso del senso del
vero, transculturale, acculturazione, ecc.

7) La traduzione è sempre parziale ed è sempre commento, attualizza
l’interpretazione.

8) la teologia usa la sana ragione parlando correttamente, assumendo
la concretezza della situazione culturale e linguistica.

Il compito attuale è quello di ripercorrere criticamente la vicenda
della teologia moderna, in vista dell’elaborazione di una nuova teoria
della ragione teologica ricondotta alla sua struttura originaria.

Il compito della teologia è l’istruzione di idee cristiane, con un
senso critico.
Nella teologia fondamentale l’idea in questione è quella della fede.

La fede è risposta alla rivelazione dell’abba-Dio, che è ed in quanto
è “affidabile”.
La risposta avviene con un affidamento risoluto. L’affidamento
comporta il riconoscimento del “venire a sapere la verità” proprio in
quell’affidamento.

il dialogo tra scienza e teologia va sostenuto dalla convinzione che
ciò che dona la verità alla scienza non è il contenuto delle teorie di
cui essa si avvale di tempo in tempo, ma il modo con cui essa riesce
ad aggiungere nuovi aspetti all’esperienza. Quindi si deve presentare
agli scienziati lo statuto epistemologico dei problemi affrontati
dalla teologia. Il teologo deve evitare il facile ricorso a figure e
concetti globali perchè per avvistare il Tutto occorre un’analisi
differenziata.

La teologia è espressione di una cultura e il suo confronto con altre
culture è inter o intraculturale. la sua esecuzione deve perciò
proporsi anche in riferimento a tematiche culturale e a determinati
valori come: il singolo, la comunità, la società, la giustizia, ecc.

La coscienza teologica è confessione di Fede e conoscenza privilegiata
del progetto di salvezza.

Il NT è pieno di allusioni e citazioni dell’AT. La rivelazione divina che troviamo nell’AT trova il suo pieno compimento in Gesù. La posizione personale e originale di Gesù, rispetto a quella degli scribi e dei farisei, era quella di una fedeltà più profonda alla volontà di Dio. La sua accoglienza verso i pubblicani e i peccatori, per esempio, era ciò che voleva veramente il Padre Celeste, al contrario di quanto pensavano all’epoca gli scribi e i farisei. La morte e la resurrezione di Gesù provocarono un sconvolgimento nell’interpretazione giusta dei salmi e degli oracoli messianici. La resurrezione di Gesù diede a quei testi, una pienezza di significato prima inconcepibile. Gli autori del NT, lessero l’AT alla luce dell’evento pasquale della resurrezione di Cristo. Lo Spirito Santo, inviato da Cristo, ne fece scoprire il senso spirituale. San Paolo dimostra come la TORAH, come sistema legislativo, annuncia essa stessa la sua fine, come leggiamo in Ebrei 7, 11ss.

Dal sacerdozio levitico
al sacerdozio secondo l’ordine di Melchisedek

[11]Or dunque, se la perfezione fosse stata possibile per mezzo del sacerdozio levitico – sotto di esso il popolo ha ricevuto la legge – che bisogno c’era che sorgesse un altro sacerdote alla maniera di Melchìsedek, e non invece alla maniera di Aronne? [12]Infatti, mutato il sacerdozio, avviene necessariamente anche un mutamento della legge. [13]Questo si dice di chi è appartenuto a un’altra tribù, della quale nessuno mai fu addetto all’altare.[14]E’ noto infatti che il Signore nostro è germogliato da Giuda e di questa tribù Mosè non disse nulla riguardo al sacerdozio.L’abrogazione della legge antica[15]Ciò risulta ancor più evidente dal momento che, a somiglianza di Melchìsedek, sorge un altro sacerdote[16]che non è diventato tale per ragione di una prescrizione carnale, ma per la potenza di una vita indefettibile. [17]Gli è resa infatti questa testimonianza:Tu sei sacerdote in eterno alla maniera di Melchìsedek.[18]Si ha così l’abrogazione di un ordinamento precedente a causa della sua debolezza e inutilità – [19]la legge infatti non ha portato nulla alla perfezione – e si ha invece l’introduzione di una speranza migliore, grazie alla quale ci avviciniamo a Dio.

Da ciò consegue che i pagani che aderiscono alla Fede in Cristo non devono essere sottomessi a tutti i precetti della legislazione biblica, oramai ridotta allo statuto di istituzione legale di un popolo particolare, ma devono nutrirsi dell’AT come Parola di Dio, che permette di scoprire meglio tutte le dimensioni del mistero pasquale di cui essi vivono.

I rapporti tra AT e NT presentano alcune complessità. Gli autori del NT fanno riferimento alle conoscenze e ai procedimenti di interpretazione del loro tempo. Gli esegesi devono tener conto anche di questo, cioè deve acquisire la conoscenza dei procedimenti antichi per capire l’uso che ne viene fatto. Inoltre, deve tener conto del fatto che una la Bibbia contiene tensioni dinamiche e non c’è uno spirito di sistematizzazione perché ha accolto molti modi di interpretare gli stessi avvenimenti.

Leggiamo l’oracolo di Geremia sui 70 anni di castigo meritati da Gerusalemme e Giuda e notiamo in seguito le riletture fatte dalla Bibbia stessa:

25,11-12

Tutta questa regione sarà abbandonata alla distruzione e alla desolazione e queste genti resteranno schiave del re di Babilonia per settanta anni. Quando saranno compiuti i settanta anni, io punirò il re di Babilonia e quel popolo – dice il Signore – per i loro delitti, punirò il paese dei Caldei e lo ridurrò a una desolazione perenne.

29,10

Pertanto dice il Signore: Solamente quando saranno compiuti, riguardo a Babilonia, settanta anni, vi visiterò e realizzerò per voi la mia buona promessa di ricondurvi in questo luogo.

Nel secondo libro delle Cronache viene verificata la realizzazione dell’oracolo:

Ma Amasia non lo ascoltò. Era volontà di Dio che fossero consegnati nelle mani del nemico, perché si erano rivolti agli dèi di Edom. 21Allora Ioas, re d’Israele, si mosse; si affrontarono, lui e Amasia, re di Giuda, a Bet-Semes, che appartiene a Giuda.22Giuda fu sconfitto di fronte a Israele e ognuno fuggì nella propria tenda. 23Ioas, re d’Israele, fece prigioniero Amasia, re di Giuda, figlio di Ioas, figlio di Ioacàz, a Bet-Semes. Condottolo a Gerusalemme, aprì una breccia nelle mura di Gerusalemme, dalla porta di Èfraim fino alla porta dell’Angolo, per quattrocento cubiti.

Dopo molto tempo, un ulteriore rielaborazione la ritroviamo nel libro di Daniele:
24Settanta settimane sono fissateper il tuo popolo e per la tua santa cittàper mettere fine all’empietà,mettere i sigilli ai peccati,espiare l’iniquità,stabilire una giustizia eterna,suggellare visione e profeziae ungere il Santo dei Santi.25Sappi e intendi bene:da quando uscì la parolasul ritorno e la ricostruzione di Gerusalemmefino a un principe consacrato,vi saranno sette settimane.Durante sessantadue settimanesaranno restaurati, riedificati piazze e fossati,e ciò in tempi angosciosi.26Dopo sessantadue settimane,un consacrato sarà soppresso senza colpa in lui.Il popolo di un principe che verràdistruggerà la città e il santuario;la sua fine sarà un’inondazionee guerra e desolazioni sono decretate fino all’ultimo.27Egli stringerà una solida alleanza con moltiper una settimana e, nello spazio di metà settimana,farà cessare il sacrificio e l’offerta;sull’ala del tempio porrà l’abominio devastante,finché un decreto di rovinanon si riversi sul devastatore”.

L’interpretazione nella tradizione biblica: la Rilettura – Riassunto dell’Interpretazione della Bibbia nella Chiesa (1993)

Per interpretazione nella tradizione della Bibbia si intende il modo con cui la Bibbia stessa interpreta le esperienze umane o gli avvenimenti della storia di Israele oppure come utilizza le varie fonti, provenienti anche da altre religioni, e come le utilizza.

L’interpretazione nella tradizione della Bibbia comporta diversi aspetti.
Le osservazioni da fare sono queste:

L’interpretazione dev’essere fonte di consenso sui punti essenziali, per la fede viva delle comunità ecclesiali.
L’interpretazione deve avere un aspetto di creatività e saper affrontare questioni nuove, partendo dalla Bibbia.
L’interpretazione dev’essere pluralistica (il significato dell’insieme non si può mai esaurire poiché i testi stessi hanno rapporti di tensione tra loro).

RILETTURE

Gli scritti posteriori si basano spesso su quelli anteriori e ne ripropongono alcune riletture.
Per esempio, in Genesi 15,7 leggiamo l’eredità di una terra promessa da Dio ad Abramo per la sua discendenza

E gli disse: “Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra

e 18:

In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram:
“Alla tua discendenzaio do questa terra,dal fiume d’Egittoal grande fiume, il fiume Eufrate

Possiamo notare come la rilettura di questi passi, diventa in Esodo 15,17, L’entrata nel Santuario di Dio:

Tu lo fai entrare e lo piantisul monte della tua eredità,luogo che per tua dimora,Signore, hai preparato,santuario che le tue mani,Signore, hanno fondato.

diventa anche la partecipazione al riposo di Dio, come leggiamo nel Salmo 132,7-8:

7 Entriamo nella sua dimora,prostriamoci allo sgabello dei suoi piedi.
8 Sorgi, Signore, verso il luogo del tuo riposo,tu e l’arca della tua potenza.

questo riposo è riservato ai veri credenti, come leggiamo nel Salmo 98, 8-11:

Non indurite il cuore come a Merìba,come nel giorno di Massa nel deserto,
9 dove mi tentarono i vostri padri:mi misero alla provapur avendo visto le mie opere.
10 Per quarant’anni mi disgustò quella generazionee dissi: “Sono un popolo dal cuore traviato,non conoscono le mie vie”.
11 Perciò ho giurato nella mia ira:”Non entreranno nel luogo del mio riposo”.

e come leggiamo anche in Ebrei 3,7 -4,11

Per questo, come dice lo Spirito Santo:
Oggi, se udite la sua voce,8non indurite i vostri cuoricome nel giorno della ribellione,il giorno della tentazione nel deserto,9dove mi tentarono i vostri padri mettendomi alla prova,pur avendo visto per quarant’anni le mie opere.10Perciò mi disgustai di quella generazionee dissi: hanno sempre il cuore sviato.Non hanno conosciuto le mie vie.11Così ho giurato nella mia ira:non entreranno nel mio riposo.
12Badate, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente.13Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura questo oggi, perché nessuno di voi si ostini, sedotto dal peccato.14Siamo infatti diventati partecipi di Cristo, a condizione di mantenere salda fino alla fine la fiducia che abbiamo avuto fin dall’inizio. 15Quando si dice:
Oggi, se udite la sua voce,non indurite i vostri cuoricome nel giorno della ribellione,
16chi furono quelli che, dopo aver udito la sua voce, si ribellarono? Non furono tutti quelli che erano usciti dall’Egitto sotto la guida di Mosè? 17E chi furono coloro di cui si è disgustato per quarant’anni? Non furono quelli che avevano peccato e poi caddero cadaveri nel deserto? 18E a chi giurò che non sarebbero entrati nel suo riposo, se non a quelli che non avevano creduto? 19E noi vediamo che non poterono entrarvi a causa della loro mancanza di fede.
1 Dovremmo dunque avere il timore che, mentre rimane ancora in vigore la promessa di entrare nel suo riposo, qualcuno di voi ne sia giudicato escluso. 2Poiché anche noi, come quelli, abbiamo ricevuto il Vangelo: ma a loro la parola udita non giovò affatto, perché non sono rimasti uniti a quelli che avevano ascoltato con fede. 3Infatti noi, che abbiamo creduto, entriamo in quel riposo, come egli ha detto:
Così ho giurato nella mia ira:non entreranno nel mio riposo!
Questo, benché le sue opere fossero compiute fin dalla fondazione del mondo. 4Si dice infatti in un passo della Scrittura a proposito del settimo giorno: E nel settimo giorno Dio si riposò da tutte le sue opere. 5E ancora in questo passo: Non entreranno nel mio riposo! 6Poiché dunque risulta che alcuni entrano in quel riposo e quelli che per primi ricevettero il Vangelo non vi entrarono a causa della loro disobbedienza, 7Dio fissa di nuovo un giorno, oggi, dicendo mediante Davide, dopo tanto tempo:
Oggi, se udite la sua voce,non indurite i vostri cuori!
8Se Giosuè infatti li avesse introdotti in quel riposo, Dio non avrebbe parlato, in seguito, di un altro giorno. 9Dunque, per il popolo di Dio è riservato un riposo sabbatico. 10Chi infatti è entrato nel riposo di lui, riposa anch’egli dalle sue opere, come Dio dalle proprie. 11Affrettiamoci dunque a entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello stesso tipo di disobbedienza.

E infine, la rilettura diventa ingresso nel Santuario celeste, in Ebrei 6,12ss

12perché non diventiate pigri, ma piuttosto imitatori di coloro che, con la fede e la costanza, divengono eredi delle promesse.13Quando infatti Dio fece la promessa ad Abramo, non potendo giurare per uno superiore a sé, giurò per se stesso14dicendo: Ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza. 15Così Abramo, con la sua costanza, ottenne ciò che gli era stato promesso. 16Gli uomini infatti giurano per qualcuno maggiore di loro, e per loro il giuramento è una garanzia che pone fine a ogni controversia. 17Perciò Dio, volendo mostrare più chiaramente agli eredi della promessa l’irrevocabilità della sua decisione, intervenne con un giuramento, 18affinché, grazie a due atti irrevocabili, nei quali è impossibile che Dio mentisca, noi, che abbiamo cercato rifugio in lui, abbiamo un forte incoraggiamento ad afferrarci saldamente alla speranza che ci è proposta. 19In essa infatti abbiamo come un’àncora sicura e salda per la nostra vita: essa entra fino al di là del velo del santuario, 20dove Gesù è entrato come precursore per noi, divenuto sommo sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchìsedek.

e, quindi, diventa l’eredità eterna, in Ebrei 9,15:
Per questo egli è mediatore di un’alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l’eredità eterna che era stata promessa.

Dinanzi alla molteplicità di significati, l’esegesi storico-critica ha adottato la tesi dell’unicità di significato, secondo la quale un testo non può avere più significati. Ciò si scontra con le scienze del linguaggio e le ermeneutiche filosofiche che affermano la polisemia dei testi scritti. Alcuni principi da seguire sono i seguenti:

SENSO LETTERALE

Da non confondersi con quello letteralistico dei fondamentalisti. Oltre a tradurre il senso della parola, occorre comprenderla secondo le convenzioni letterarie del tempo.

Per esempio, il senso letterale dell’espressione metaforica “Abbiate la cintura ai fianchi” (Lc 12,35) è:
“abbiate un atteggiamento di disponibilità immediata”.

Il senso letterale di un racconto biblico non significa necessariamente che quel racconto è realmente accaduto, ma può essere anche frutto dell’immaginazione.

Il senso letterale della Scrittura è quello espresso direttamente dagli autori ispirati. Essendo frutto dell’ispirazione, questo senso è voluto anche da Dio, autore principale.

Gli esegeti, usando il metodo storico-critico, hanno spesso limitato a collegare il testo al preciso contesto storico. Al contrario, l’esegesi deve precisare la direzione di pensiero del testo che può avere sviluppi al di là del contesto storico.

Infine, il testo scritto è aperto a ulteriori sviluppi che si producono grazie a riletture in contesti nuovi, senza cadere nel soggettivismo.

IL SENSO SPIRITUALE

E’ il senso espresso dai testi quando vengono letti sotto l’influsso dello Spirito Santo, nel contesto del mistero Pasquale di Cristo e della vita nuova che ne risulta. Se un testo biblico si riferisce direttamente al mistero pasquale di Cristo o alla vita nuova che ne risulta, allora il senso letterale corrisponde con quello spirituale. E’ il caso abituale nel NT. Quando c’è una distinzione, il senso spirituale non può mai essere privato dei rapporti con il senso letterale che ne rimane la base indispensabile. Il senso spirituale non va confuso con le interpretazioni soggettive dovute all’immaginazione o alle speculazioni intellettive. Esso scaturisce dalla relazione del testo con l’evento Pasquale e con la sua fecondità. L’esegesi antica ha interpretato tutta la Scrittura, fin nei minimi particolari, nella chiave del mistero Pasquale. Un aspetto del senso spirituale è quello tipologico: per esempio, Adamo è citato come figura di Cristo, oppure il Diluvio prefigura il battesimo, ecc.

IL SENSO PIENO

Lo Spirito Santo, autore fondamentale della Bibbia, può guidare l’autore umano nella scelta delle sue espressioni, in modo tale che queste esprimano una verità di cui egli non percepisce tutta la profondità. Questa viene rivelata nel corso del tempo grazie a:

– ulteriori realizzazioni divine che manifestano meglio la portata dei testi;
– l’inserimento dei testi nel canone delle Scritture.

L’esegesi tiene conto anche dell’Ermeneutica filosofica contemporanea che mette in evidenza l’implicazione della soggettività nella conoscenza, specie quella storica.
La necessità di un’ermeneutica, cioè di un’interpretazione nell’oggi del nostro mondo, trova un fondamento nella Bibbia stessa. L’ermeneutica contemporanea è una reazione al positivismo storico.

Si fa riferimento, in particolare, all’analisi ermeneutica di Martin Heidegger. Il filosofo Ricoeur sostiene che c’è una distanza tra il testo e l’autore , perchè una volta prodotto, il testo acquista una certa autonomia rispetto all’autore; inizia un percorso di significato. Un’altra distanza esiste tra il testo e i suoi lettori successivi. Siccome va rispettato il mondo del testo nella sua alterità è necessario il metodo storico-critico per la giusta interpretazione. Inoltre, il significato di un testo va attualizzato nel vissuto dei lettori che se ne appriopriano. A partire dalla loro situazione, questi sono chiamati a far emergere significati nuovi, in linea con il senso fondamentale del testo.

Non tutte le correnti ermeneutiche sono adeguate all’interpretazione della Sacra Scrittura (come quella di Bultman).
La conoscenza biblica non deve mai fermarsi al linguaggio, ma deve cercare di raggiungere la realtà di cui parla il testo. Si tratta di un linguaggio che fa pensare, che mira alla realtà trascendente e conduce la persona ad essere cosciente della dimensione profonda del suo essere. L’ermeneutica biblica è un caso unico perchè gli eventi della salvezza e il loro compimento nella persona di Gesù danno senso a tutta la storia umana. Le interpretazione storiche possono essere solo uno svelamento o un’esposizione di queste ricchezze di significato.

 

Parte dal presupposto secondo cui la Bibbia essendo Parola di Dio va presa alla lettera senza tener conto di ogni metodo scientifico di esegesi, tra cui quello storico-critico. Il fondamentalismo si è diffuso in America e poi nel mondo grazie ad alcune sette. Attraverso queste sette si attirano le persone cercando di offrire loro risposte bibliche ai loro problemi della vita. Al contrario, la Bibbia non contiene necessariamente una risposta immediata ai ciascun problema. Il fondamentalismo è antiecclesiale e non tiene conto del fatto che la Bibbia è stata scritta secondo un linguaggio comune dell’epoca.

Verso la fine del 1800, per tutelare i diritti della donna che erano violati, sorse un’ermeneutica biblica femminista e fu scritto in America il The Woman’s Bible. L’ermeneutica femminista usa il metodo storico-critico aggiungendoci il criterio femminista e quello sociologico.

CRITERIO FEMMINISTA

Esso si ispira al movimento di liberazione della donna e utilizza l’ermeneutica del SOSPETTO: siccome la storia è sempre stata scritta dai vincitori, occorre trovare una chiave di lettura diversa per scoprire la verità.

CRITERIO SOCIOLOGICO

Studia la società ai tempi biblici e, in particolare, il ruolo della donna ai quei tempi.

L’oggetto di studio è dunque la situazione della donna nel 1 secolo e quella dei Vangeli, cioè quella riscattata da Gesù e che si trovava nelle prime chiese cristiane.

Uno dei testi più citati a fondamento dell’approccio femminista è Galati 3,28:

28 Non v’è qui nè Giudeo nè Greco, non v’è né schiavo nè libero, non v’è nè maschio nè femmina, poichè voi tutti siete uno in Cristo Gesù.


Il contributo dell’esegesi femminista è quello di aver portato le donne a fare una ricerca esegetica approfondita e a studiare ben il ruolo femminile nella Bibbia. Il rischio è quello di interpretare i testi biblici in modo tendenzioso e contrastabile.